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venerdì 30 settembre 2016

Blogathon: I Classici della Letteratura - "Sulla strada" con Kerouac


Buongiorno e felice venerdì a tutti i Folletti in ascolto! E' con oggi che questo mese di settembre si conclude e, quasi a voler sancire l'inizio del nuovo e di una nuova via da percorrere, mi è sembrato più che azzeccato aprire con il post dedicato alla Blogathon dedicata ai classici della letteratura del '900.

Prima di iniziare a parlarvi del classico che ho scelto per il mio articolo trovo doveroso spiegare, in un modo che potrebbe non avere alcun senso per alcuni di voi, il perché della mia decisione. Dovete sapere che tutto è iniziato con la visione della filmografia (semi-completa) di Sam Riley, attore britannico di cui mi avete sentito parlare spesso e che, se non si fosse ancora capito, adoro; tra i vari film sono immancabilmente incappata in On the road, trasposizione dell'omonimo romanzo di Jack Kerouac diretto da Walter Salles e uscito nel 2012. Solitamente se la trasposizione cinematografica (o televisiva) mi è piaciuta corro a procurarmi il libro, com'è successo per Brighton Rock di Graham Greene, eppure in questo caso è andata diversamente: infatti, a spingermi è stato il fatto di non essere riuscita a seguire quanto narrato - più che altro a seguirne alcuni scambi di battuta e opinione dei personaggi - il tutto condito da un ritmo prevalentemente lento. Ad ogni modo, senza alcuna fretta, ho iniziato la mia ricerca tra le bancarelle dei libri usati (no, non volevo l'edizione con l'immagine del film sulla cover -.-) fino a trovare una vecchia e consunta copia del 1970. Eccomi dunque a parlarvene un po'.

Iniziamo questo nostro viaggio!


L'ho letto giusto in queste ultime settimane e credo che sia stato un bene leggerlo ora, almeno per quanto mi riguarda. Nonostante la mia recensione arriverà più avanti - dato che ho tutta l'intenzione di recuperare l'edizione non censurata pubblicata per il cinquantesimo anniversario dalla pubblicazione e, quindi, farvi una sorta di confronto - posso darvi la mia opinione in merito.

Sulla strada è il simbolo della Beat Generation, quel movimento culturale  - nato negli States nel secondo dopoguerra - che rifiutava le regole imposte e il materialismo per supportare invece una vita fatta di esperienze e sperimentazioni di ogni sorta (le droghe, i viaggi, l'alcool, il sesso alternativo, l'influenza delle religioni orientali..). Spesso ci chiediamo perché un libro diventa un must e, specialmente per chi vorrebbe scriverne, come faccia a diventarlo. Potrei parlarvene in generale, analizzare semplicemente i freddi dati delle statistiche e i numeri con cui il famoso "rotolo" è stato battuto all'asta; potrei soffermarmi per ore a parlarvi di quella meraviglia che è la macchina da scrivere e la sensazione che dà battere i tasti, sentire il carrello scorrere ritmicamente.. ma no, non farò questo.

"A me piacciono troppe cose e io mi ritrovo sempre confuso e impegolato a correre da una stella cadente all'altra finché non precipito. Questa è la notte e quel che ti combina. Non avevo niente da offrire a nessuno eccetto la mia stessa confusione".

Mi piace pensare che non è il lettore a scegliere il libro ma il romanzo a decidere esattamente quando vuole essere letto (sì, mi rendo conto di aver in qualche modo parafrasato Mr. Ollivander), un po' come se sentisse esattamente che "quello" è il momento esatto in cui può essere più d'aiuto alla persona che lo tiene tra le mani. Per quanto questa possa sembrare una di quelle frasi poetiche messe lì tanto per "fare figo", non riesco a scrollarmi di dosso questo pensiero ricorrente perché Sulla strada è in primo luogo un viaggio che ti porta a riflettere, a prendere consapevolezza di ciò che vuoi e a crescere, a maturare. Questa è stata una lettura che, almeno all'inizio, non mi ha preso particolarmente ma che poi ho macinato una pagina dopo l'altra senza quasi rendermene conto e, da vera nerd, mi soffermavo a sbirciare la piantina degli Stati Uniti per percorrere assieme a Sal ogni suo viaggio, conscia del fatto che all'epoca dei fatti Keruoac aveva all'incirca la mia età.

Il punto di vista della narrazione è soggettiva e permette al lettore di intraprendere un'esperienza capace di dare uno scorcio della vita americana della fine degli anni '40 che poi può essere visto come la descrizione esplicita, in un linguaggio gergale e semplice, della natura umana e, quindi, la riscoperta di se stessi. Un romanzo che non dovrebbe mancare nelle vostre librerie.

"Voglio sposare una ragazza" dissi loro "in modo da poter riposare la mia anima insieme con lei finché entrambi non diventeremo vecchi. Non si può andare avanti continuamente... tutta questa frenesia e questo saltar qua e là. Dobbiamo arrivare in qualche punto, trovare qualcosa".

Jack Kerouac (Lowell, Massachusetts, 1922 - St. Petersburg, Florida, 1969)

Interrotti gli studi universitari, vagabondò per gli Stati Uniti esercitando disparati mestieri – marinaio, frenatore ferroviario, guardia forestale – sulle tracce degli scrittori che amava: J. London, E. Hemingway, Th. Wolfe. Intorno al 1950, conosciuti W.S. Burroughs e A. Ginsberg, praticò con loro, a New York e a San Francisco, quello che divenne il modello di vita della «beat generation»: il nomadismo, il rifiuto dell’opulenza americana, la ricerca di nuove dimensioni visionarie nella droga. Queste esperienze sono descritte nel romanzo Sulla strada (1957), che divenne, per la generazione di Kerouac, una sorta di manifesto, e che resta forse la sua opera più riuscita sia per la novità stilistica (il tentativo di creare una prosa «spontanea», sul modello della libera improvvisazione del jazz) sia per i suggestivi legami col ricorrente mito americano del viaggio. I suoi libri successivi hanno un carattere fortemente autobiografico. I sotterranei (1958), allucinata cronaca poetica della vita dei beat di San Francisco, e I vagabondi del Dharma (1958), documento dell’interesse di Kerouac per le filosofie orientali, ripeterono il successo di Sulla strada. Nel 1961, stanco di essere una figura pubblica, si isolò, seguendo un altro suo modello letterario, il Thoreau di Walden, in una capanna non lontana dalla costa della California, dove compose uno dei suoi romanzi più intensi, dominato da un forte senso musicale della lingua: Big Sur (1962), bilancio di una sconfitta che si riscatta nella novità della scrittura.
La stessa libera gioia del ritmo, la stessa sottigliezza nel captare il suono dell’americano parlato in moduli jazzistici si ritrovano nella sua opera poetica, in particolare nei Mexico City blues(1959) mentre nell’ultimo voluminoso romanzo di memoria, Vanità di Duluoz (1968), queste qualità sembrano cedere il passo a una certa stanchezza. [Fonte: Garzantina della Letteratura]

Eccomi giungere alla conclusione del mio articolo e spero di non avervi annoiato troppo. Non mi resta che augurarvi tante splendide letture e ricordarvi di leggere anche gli articoli degli altri blogger partecipati e che troverete nel post di presentazione ospitato da Liberi di Scrivere.

3 commenti:

  1. Questo, è uno di quei libri che ho in lista da una vita. Spero proprio di riuscire a recuperarlo quanto prima. :)

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  2. Ce l'ho in libreria, anche io in una vecchia edizione forse proprio degli anni 70, iniziai pure a leggerlo, ma mi persi. Lo cerco e riprovo, magari è arrivato il momento come dici tu :)

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  3. Non avevo mai sentito parlare di questo titolo.
    a ti ringrazio per avermi fatto scoprire una cosa nuova e molto interssante!

    Ti lascio qui la mia tappa :https://milionidiparticelle.wordpress.com/2016/09/30/blogathon-2-i-classici-della-letteratura-incompreso-di-florence-montgomery/

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